Razze

UN FASCINO… ORIENTALE

Molto simile al Siamese, il gatto Orientale ha un portamento elegante ed è dotato di un’indole intelligente e vivace.

Originario della Thailandia, il gatto Orientale ha diversi punti in comune con il “cugino” Siamese (se a pelo corto), sia per quanto riguarda la struttura fisica che il carattere. Si differenzia dal suo simile, però, per il colore del mantello – che non ha le estremità più scure – e degli occhi, che sono verde smeraldo e non blu intenso.

Eleganza e dinamicità

Questo felino si caratterizza per una corporatura piuttosto robusta, ma al contempo elegante e atletica; è famoso per i suoi occhi a mandorla, fortemente espressivi, e per le grandi orecchie. La sua è una figura sinuosa, dovuta soprattutto al collo lungo e snello nonché alla coda affusolata.

Mai da solo

L’Orientale soffre facilmente di solitudine e, per questo, bisogna evitare di lasciarlo a casa da solo troppo a lungo. Solitamente si lega in maniera particolare a un proprio “familiare umano”, che tende a seguire ovunque diventando spesso un po’ troppo invadente! È anche molto comunicativo (si fa capire piuttosto bene a suon di miagolii) e non disdegna le passeggiate all’aperto con il guinzaglio.

 

Pelo corto o lungo

Le tipologie più comuni di questa specie felina sono due: a pelo corto e a pelo (semi) lungo. La prima, nata a metà del xx secolo in Inghilterra, deriva dall’incrocio tra gatti provenienti dalla Thailandia e gatti comuni: dai primi tentativi è derivato il cosiddetto Havana, caratterizzato da un mantello di un marrone molto caldo. L’Orientale a pelo semi lungo, invece, nasce dall’incrocio tra un esemplare a pelo corto e un Belinese.

 

 

Carta d'identità

Corpo: taglia media, muscoloso, linee affusolate

Colore: tutti (bianco, nero, bicolore, smoke, silver)

Testa: linee dritte, muso appuntito, naso lungo

Occhi: taglio a mandorla, leggermente obliqui, solitamente verde smeraldo

Orecchie: grandi e appuntite, diagonali ai lati della testa

Coda: lunga e affusolata

Pelo: corto o lungo

 

 

A cura di Stefania Colasuono